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09 Maggio 2014
Le 10 regole base della modellazione FEM
Femap
Nell’ultimo ventennio i codici di calcolo e i software che implementano il metodo degli elementi finiti (FEM) hanno avuto un ruolo importante e diffuso. Con l’impiego crescente di questi strumenti, il loro livello di complessità si è ridotto, permettendo alla maggior parte dei tecnici e dei progettisti di sfruttarli. Questo approcciò “user-friendly” si è però spesso tradotto in un impiego di questi strumenti troppo diretto e immediato, trascurando aspetti fondamentali dalla buona modellazione: i conseguenti risultati non rispecchiano le reali potenzialità del metodo in quanto a precisione ed affidabilità. Perciò è bene seguire alcune regole tanto semplici quanto utili per garantire una buona modellazione e quindi una buona qualità dei risultati.
1 – Definizione del problema: è buona norma impostare il problema prima ancora d’avviare il software definendone in modo chiaro i parametri come ad esempio:
- tipo ed entità di carichi e vincoli;
- tipo e parametri dei materiali in gioco;
- numero delle combinazioni di carico;
- tipo di calcolo che si vuole effettuare.
2 – Impostazione delle unità di misura: La scelta delle unità di misura è spesso fonte di dubbi ed errori, soprattutto nell’impiego di codici di calcolo di fascia alta che tendenzialmente sono “unit-less”. Fondamentale è la scelta del set di unità di misura prima di iniziare a modellare; i set coerenti di unità di misura più diffusi sono:
- m-N-kg;
- mm-N-ton.
3 – Semplificazione della geometria: La complessità della geometria è proporzionale alla quantità di memoria necessaria per svolgere la simulazione; per un corretto impiego delle risorse hardware è fondamentale semplificare i componenti da simulare eliminando tutti i dettagli strutturalmente irrilevanti.
4 – Definizione della dimensione degli elementi: Sebbene la qualità dei risultati spinge verso l’impiego di elementi finiti molto piccoli, si devono comunque considerare le risorse macchina; usando elementi finiti piccoli il numero di nodi aumenta in modo più che lineare; un valore numerico ragionevole per le attuali potenzialità hardware è quello del milione di nodi; modelli con più nodi potrebbero risultare ingestibili.
5 – Scelta del tipo di analisi: La maggior parte delle simulazioni svolte normalmente sono di tipo elastico – lineare; sebbene si ritenga questo tipo di calcolo adeguato a tutti i contesti va ricordato che se il comportamento meccanico dei materiali si allontana dalla linearità si dovrebbero impiegare analisi di tipo non lineare, si pensi ad esempio ai polimeri.
6 – Interpretazione di eventuali messaggi di errore: Il messaggio di errore è uno strumento fondamentale per la buona modellazione Fem; la segnalazione di errori e warning viene di norma interpretata come una scocciatura o come un ostacolo al normale svolgimento del lavoro, invece rappresenta una risorsa utile al tecnico analista che deve imparare a interpretare al meglio tali messaggi.
7 – Osservazione critica dei risultati: Il metodo degli elementi finiti è un metodo approssimato. Il risultato contiene sempre una approssimazione, l’entità della quale fa la differenza tra un software di fascia alta o bassa, tra un utente esperto o uno meno esperto.
8 – Analisi comparativa dei risultati: Per avere un riferimento è sempre utile eseguire semplici calcoli manuali che permettano di valutare l’ordine di grandezza dei risultati per capire se il calcolo FEM è affetto da macro errori (errori di modellazione).
9 – Analisi di sensitività: L’approssimazione del risultato è funzione della dimensione degli elementi finiti utilizzati; per comprendere se la finitura della mesh (l’insieme di nodi ed elementi) è sufficiente o meno è buona regola eseguire una serie di simulazioni cambiando la dimensione degli elementi, per stimare la variabilità percentuale dei risultati in funzione della dimensione elemento; un buon modello presenterà una bassa variabilità percentuale dei risultati.
10 – Impiego dei risultati per la valutazione dei coefficienti di sicurezza: Spesso il coefficiente di sicurezza viene calcolato come rapporto tra sforzo ammissibile e massimo sforzo calcolato; questa logica risulta troppo stringente soprattutto quando le geometrie da simulare, benché semplificate, restano complesse. La valutazione del coefficiente di sicurezza è spesso una attività più impegnativa di quanto si possa immaginare (legata a normative).
Ing. Marco Lombardelli
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